(Altro)viaggio: un viaggio alla scoperta del commercio equo

(Altro)viaggio: un viaggio alla scoperta del commercio equo

Parte due

Antonia racconta l’incontro con Giovanni Girolomoni, della Cooperativa Girolomoni

La seconda tappa del nostro viaggio lungo l’Italia alla scoperta del commercio equo è stata la Cooperativa Gino Girolomoni, di cui siamo stati ospiti per due giorni e due notti. Immersa nel verde e nel silenzio delle colline delle Marche, ad un primo impatto appare come un luogo senza tempo. E in effetti, oggi come anni fa, si continua a lavorare con la cura, la calma e il rispetto per l’ambiente che da sempre sono stati i valori fondamentali della famiglia Girolomoni.

In una delle sale centrali del monastero ci accoglie Giovanni Girolomoni, figlio di Gino, che oggi dirige la cooperativa. Giovanni è molto giovane; ha un modo di fare affabile e calmo, perfettamente in armonia con il luogo in cui ci troviamo. Ci racconta la storia dei suoi genitori e di come abbiano costruito questa realtà — e anche di come dopo la loro morte e non senza difficoltà, lui e la sorella si siano impegnati per portarla avanti.
Questa cooperativa nasce nel 1977 dall’impegno di Gino Girolomoni e della moglie Tullia Romani, che insieme ad altre famiglie residenti nelle colline marchigiane volevano dar vita ad un progetto per ripopolare e riqualificare queste zone, sempre più abbandonate.


All’inizio degli anni ’70, ancora giovanissimi, marito e moglie si trasferiscono nell’unica stanza ancora abitabile del monastero di Montebello (nel comune di Isola del Piano, provincia di Pesaro e Urbino), una maestosa costruzione del Quattordicesimo secolo. Da questo momento ha inizio il loro percorso di restaurazione; restaurazione che non è solo architettonica ma anche economica, culturale e sociale. Durante il corso degli anni infatti oltre all’attività del pastificio il monastero diventa un vero e proprio centro di cultura “altra”: Gino Girolomoni infatti, con la sua personalità e il suo carisma, riesce ad attrarre figure del calibro di Alexander Langer, Sergio Quinzio, Massimo Cacciari e Ivan Illich. Oggi uno degli impegni primari è la pubblicazione della rivista Mediterraneo Dossier, la quale raccoglie e divulga il pensiero della realtà avviata da Girolomoni e tocca temi come la spiritualità, il biologico, l’attualità.


Inizialmente l’attività si era concentrata semplicemente sulla coltivazione del grano e della sua trasformazione in farina, ma successivamente, per offrire un prodotto più completo, si dedica alla produzione della pasta. Tutta la filiera è alimentata da fonti rinnovabili, come energia idroelettrica e solare, o biocombustibili come il cippato, e gli scarti del pastificio vengono trasformati in mangime per animali. Nell’ultimo periodo, per fare un ulteriore passo verso un prodotto totalmente sostenibile, la cooperativa si è impegnata a realizzare un nuovo packaging in cui la plastica è stata sostituita con la carta.
La pasta Girolomoni, che potete trovare al Fontego e nelle altre botteghe del mondo, oltre ad essere biologica e prelibata, ci parla di un impegno verso la natura e ciò che essa ci offre che dura da ormai cinquant’anni. Questa cooperativa infatti mantiene ancora i legami con i valori della civiltà contadina, per cui la terra è un bene da curare, non da sfruttare.
Giovanni conclude il suo racconto con una frase apparentemente semplice ma molto incisiva, che riassume perfettamente l’attitudine dei Girolomoni e la loro voglia di preservare e migliorare il loro luogo natio:
“Non siamo qui per salvare il mondo, ma per fare la cosa giusta”



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